LA SALVEZZA DELLA PENNA
Nicolò e Giulia erano due ragazzini
che vivevano nella città di Solemi. Nicolò era un ragazzo come gli altri alto
un metro e sessanta capelli mori e occhi castani.
Era il più intelligente della scuola
e lo consideravano simpaticissimo e a volte un po’ strano. Giulia invece era
una ragazzina raffinata, capelli lunghi biondi e gli occhi azzurro mare. I due
ragazzini erano due migliori amici e si conoscevano fin dall’asilo.
Loro due avevano in comune una penna
che la custodivano da molti anni e viene detto che non era una penna comune. In
una fitta foresta invece viveva una strega.
Si chiamava Luna e aveva i capelli
grigi e tutti sporchi, i suoi vestiti erano tutti strappati. All’intermo della
sua piccola casetta di legno teneva un laboratorio di stregoneria, con pozioni
magiche, pentoloni e grossi libri per ricette.
La sua casa non era come le altre di
giorno era una falegnameria e di notte un laboratorio per streghe. Un giorno
d’inverno Giulia e Nicolò andarono a pattinare al lago ghiacciato chiamato Low
Low. Mentre pattinavano, giocando e scherzando, Nicolò vide all’interno del
bosco qualcosa muoversi.
I due ragazzini incuriositi, si
tolsero i pattini e entrarono nel fitto bosco di pini.
C’era un odore di muschio e
selvaggina e il terreno era ricoperto di foglie scricchiolanti e pigne. La luce
penetrava all’interno dei maestosi alberi spogli.
Giulia e Nicolò videro una casetta di
legno e incuriositi entrarono al loro interno.
La strega era seduta su una sedia e
cuciva una calzamaglia.
I due ragazzini chiesero: “Chi è lei?”
E la signora rispose: “Io sono una
persona che ama molto i bambini e vi tratterò come miei nipoti.”
Dopo qualche ora passata insieme alla
strega Luna, ella prese una pozione magica e gli chiese di berla. I due
ragazzini con astuzia presero la penna magica e la svitarono per leggere nel
pensiero della strega. Luna voleva che i due ragazzini restassero congelati
così poteva mangiare i loro cervelli. Giulia e Nicolò quando scoprirono il suo
pensiero si spaventarono e corsero fuori dalla casa.
Goldor il migliore amico della strega
arrivò subito in soccorso dei due amici.
Egli era una vipera terrificante,
aveva il corpo con le spine, i denti aguzzi e il suo sibilo si sentiva oltre i
venti metri. Luna aveva trasformato Goldor in una vipera, prima era un topolino.
Goldor era dietro a Giulia e Nicolò e
li seguiva con cattiveria. I due ragazzi presero in mano la penna magica e
schiacciarono il pulsante per trasportarli in un altro luogo. Si ritrovarono
sani e salvi a Solemi nella piazza principale.
Giulia e Nicolò ripresero il fiato e
si diedero un forte abbraccio.
La strega Luna disperata e
dispiaciuta per essersi fatta scappare la cena, si rinchiuse nella sua casa e
non si fece vedere mai più.
SIMON E LO SPECCHIO MAGICO
C’era una volta una famiglia povera che viveva nella
città di Occorsan vicino al Trio Fondosos. Esso si trovava vicino alla grande
montagna, era composta da tre grossi arbusti di platano. Essi si chiamavano
Friondolo, Dondolo e Sosias da cui ha preso il nome la grande foresta. Essi
erano magici e parlavano tra loro come umani, solo che non potevano muoversi ed
erano destinati a rimanere lì per sempre. La famiglia aveva molto bisogno di
soldi per questo il figlio Simon andava ogni pomeriggio al castel Sassos a
rubare quel poco che trovava. Esso era situato vicino al Filake, un piccolo
stagno e al fiume Piornus. Il castello era chiamato così perché era costruito
tutto di pietre, di misure diverse. Per arrivarci bisognava percorrere una
stradina di sassolini, che ai lati aveva delle piccole torri con sopra dei
vasi. All’ingresso di esso c’era un grande portone di legno massello, molto
pesante. Il castello aveva delle piccole finestre con delle grate e una
bandiera sopra il portone. Essa era gialla con delle frange dorate in fondo.
Simon aveva i capelli mori con un ciuffo biondo, i suoi occhi erano castani, era
molto magro perché i sui genitori non potevano permettersi molto cibo. Esso era
molto giovane e aveva 12 anni. Un giorno Simon entrò dalla finestra che la
cuoca Sofi aveva lasciato aperta. Dalla finestra giunse in soggiorno e trovò
uno scettro: era d’oro coperto di diamanti. Pensò che quel oggetto valesse
molto e decise di rubarlo. Alla fine della stanza notò un enorme oggetto alto
due metri coperto da un telo incuriosito decise di toglierlo. Si accorse che
sotto il telo si trovava uno specchio. Subito si ritrovò catapultato in un
mondo parallelo. Per poter entrare nello specchio bisognava avere nella mano
destra lo scettro. Quando entrò nello specchio magico vide tutto ricoperto d’oro.
In quel mondo era tutto dorato le case, gli animali, i fiumi, le piante e anche
tutto il resto. Il proprietario era il re William, che costruì il mondo
sottraendo i beni dei cittadini onesti della città di Occorsan.
Il re William era un uomo malvagio che pensava solo al suo bene, era un uomo alto, aveva gli occhi azzurri e i capelli mori.
Il re William era un uomo malvagio che pensava solo al suo bene, era un uomo alto, aveva gli occhi azzurri e i capelli mori.
Girando per la terra, Simon si ritrovò davanti al
castello del re William, ma davanti al castello c’era l’amico fedele del re
William, un drago che aveva le squame dorate con le ali verdi ricoperte di
diamanti.
Iniziò la battaglia e dal castello il re William
sentiva il rumore delle spade che combattevano, gli uccelli che svolazzavano
per la paura.
Il re si affacciò sulla torre principale del castello
per vedere cosa stesse succedendo, la regola di quella città era che chiunque
entrasse nel mondo di William veniva arrestato a vita.
William ordinò alle guardie di arrestare Simon, le
guardie indossavano un elmo dorato e un’armatura d’oro.
Esse lo portarono nella prigione d’oro, durante la
notte Simon trovò sotto il letto una teiera di colore bianca con alcune righe
rosse, vicino c’era un biglietto che diceva: “chiunque trovi questa teiera, esprima
un desiderio e quello si avvererà”.
Simon cadde in un sonno profondo e sognò che i beni
fossero restituiti ai cittadini, e che tornasse alla sua città e alla sua
famiglia.
La mattina seguente si trovò sdraiato su il prato del
giardino di casa sua, tutti i cittadini erano intorno a lui felici applaudirono
Simon e lo ringraziarono per l’aiuto.
Simon si ritrovò nella mano sinistra la teiera che lo
aiutò a tornare indietro e così decise di esprimere un altro desiderio quello
che il mondo dove viveva William scomparisse insieme a il proprietario, il
drago e le guardie.
Da quel giorno in poi la città di Occorsan tornò
felice e contenta.
UNA NOTTE CON CORAGGIO
Tanto tempo fa, in un
piccolo paesino di montagna, in una vecchia casetta, abitavano due fratellini, Lucy
e Johnny con i loro nonni materni. Due anziani signori molto riservati, dall’area
misteriosa e tenera. Il nonno era stato colpito da una malattia che lo
costringeva a stare sempre seduto in poltrona, le sue gambe erano deboli e non
riusciva più a svolgere lavori pesanti e le sue abitudini quotidiane. Lo
aiutava il nipotino Johnny, sempre disponibile a dare una mano: un ragazzino
dai capelli biondi, quasi oro, con dei piccoli occhi azzurri che splendevano e
rendevano la sua pelle luminosa. Indossava spesso dei jeans chiari portati con
una cintura nera e delle maglie scure o sportive. La nonna invece era aiutata
dalla piccola Lucy, una bambina dolce con lunghi capelli marroni, dei grandi
occhi grigi e una bocca sottile e sempre sorridente. La sua pelle era molto
chiara con delle paffute guanciotte rosse. Indossava spesso delle gonnelline con
fiori o disegni colorati, accompagnate da camicette a scacchi. Era molto
allegra e avventurosa, amava esplorare luoghi nuovi e sperduti. Un pomeriggio i
due fratelli salirono in soffitta per sistemare della legna, quando la loro
attenzione si concentrò su di un vecchio pianoforte, coperto da un lenzuolo
impolverato. Decisero di scoprire se lo strumento fosse ancora funzionante,
così Lucy cominciò a suonare. I due bambini vennero avvolti dalla dolce melodia
che li trasportò in un sonno profondo.
Riaprendo i piccoli occhi si
ritrovarono in un prato immenso, pieno
di fiori colorati e alberi da frutto. Si alzarono lentamente, ancora storditi
dalla musica dolcissima di quel piano misterioso.
Lucy corse immediatamente
tra i mille colori che la circondavano, mentre il fratello le urlava di tornare
indietro.
I due fratellini erano molto
diversi: lei amava correre per i boschi, ma lui preferiva stare a casa a
costruire cose strane.
Corsero entrambi verso
l’acqua cristallina del mare della Luna. All’improvviso, però, videro arrivare,
da lontano, un relitto di barca con colorate vele lacerate.
Spaventati i due bambini
cercarono qualcuno da cui andare per sapere chi fossero quegli esseri sulle
navi e cosa volessero da loro. Ma sfortunatamente sull’isola non c’era nessuno,
neanche un posto dove ripararsi o nascondersi.
Alla fine, però, la nave
arrivò a riva e i due bambini incuriositi, cercarono di capire cosa stava
succedendo, avvicinandosi al relitto. Quegli esseri, sulla nave, erano scesi e
li stavano cercando, urlando a gran voce i loro nomi, mentre Lucy e Johnny si
nascondevano tra tre alberi giganteschi.
Dalla barca proveniva un
dolce odorino: sull’imbarcazione c’erano dei vari gusti di cioccolato, tutti di
colori variopinti e forme creative e pazzerelle. Ai ragazzi venne un’improvvisa
fame. Con cautela si avvicinarono e un po’ timorosi salirono sulla barca.
L’imbarcazione partì velocemente e in un battibaleno arrivarono ad una terra
strana.
Un po’ spaventati poggiarono
i piedi in quel luogo nuovo. C’erano vari rumori: il canto degli uccellini, il
ronzio delle api sopra i fiori variopinti che arricchivano un prato verde
pistacchio che risplendeva con i limpidi raggi del sole, che sbucavano dalle
nuvole che coprivano a mano a mano il cielo. Soffiava un leggero vento, che si
portava i sottili fili d’erba con sé.
In lontananza notarono un
folto boschetto che li incuriosì ancora più dei dolci, ecco il posto ideale
dove trascorrere la notte.
Cominciarono a camminare,
guardandosi dietro le spalle, per controllare se qualcuno li seguiva.
Passeggiarono vicini vicini
per qualche oretta e finalmente si ritrovarono in quella foresta dalle tende
colorate. Soffiava un venticello che raffreddava la loro pelle sottile. Erano
arrivati al tramonto, quindi l’unica luce che illuminava il percorso era quello
multicolore del cielo estivo.
Nella penombra notarono, su
un albero, una specie di lampada color rosso magenta che risaltava tra le
chiome di esso in modo estremamente evidente.
Dalla minuscola cosa lucente
uscì un animaletto alquanto strano: era molto basso e cicciottello, con
guanciotte rosse, un pelo abbastanza corto e marrone e dalla sua schiena
spuntavano le sagome di due piccole ali.
Tranquillamente aprì le ali
che all’apparenza erano piccoline, ma quando le apriva diventavano immense e
super colorate. Prese il volo, guardando incuriosito quei due ragazzi mai visti
prima e, in un secondo, si ritrovò di fronte a loro.
Lucy notò immediatamente che
la stana “cosa” uscita dal contenitore rosa aveva le sembianze di topo, con
enormi orecchie grigie e grandi occhi celesti.
Il topo alato si avvicinò
lentamente e disse: «Ciao! Io sono Lily. E voi chi siete?»
I due ragazzini, spaventati
dal suono della voce dell’animale che si faceva chiamare Lily, fecero un salto
all’indietro e per poco non inciamparono nelle radici di un albero poco
distante.
La bimba, incuriosita ancora
di più da quella Lily, si avvicinò a lei e chiese: «Ciao, io sono Lucy e lui è
mio fratello Johnny. Come va? E, soprattutto, tu chi sei?»
Lily, sorpresa da quella
domanda, esclamò: «Ma come! Non sapete chi sono io? Io sono un farfaltopo!
Ovvio, no? Dovete provenire da un paese molto lontano se non sapete chi sono
io!»
«Sì, veniamo da un paese
lontano… ma tu come fai a saperlo?» disse Johnny, ancora stupito dalla
stranezza di quella creatura.
«Io sono un farfaltopo! E
poi vi ho visti mentre venivate verso il bosco per scappare dalla nostra barca,
anche se non ho capito il perché. La barca era venuta a prendervi: riesce a
sentire se c’è qualcuno sull’isola e capisce anche i nomi di queste persone»
spiegò il farfaltopo.
Sentendo quest’informazione,
a Lucy venne un’idea, quindi domandò: «Visto che tu sai tutte queste cose, non
potresti spiegarci dove siamo e perché ci siamo arrivati?»
Lily annuì col capo, li invitò
ad accomodarsi su un tronco di un albero e iniziò la spiegazione: «Allora,
questa in cui ci troviamo ora è la Foresta della Fantasia, nella Terra delle
Meraviglie. Voi siete arrivati sull’Isola di Giza nel Mare della Luna. Vi ha
portati a riva la Nave della Luna.
La storia di questa Terra è
molto complicata: in parole povere prima noi abitanti della Terra delle
Meraviglie eravamo liberi, ma da qualche anno ormai una strega cattiva di nome
Dafne sta spaventando e sottomettendo tutto il nostro pacifico mondo. Noi la
odiamo, però non riusciamo a sconfiggerla. La prima volta che ci abbiamo
provato, Dafne ha preso tutti i combattenti migliori e li ha schiavizzati
mettendoli a fare i lavori più duri e stancanti senza paga e con poco cibo.
Ora noi non abbiamo più pace
e abbiamo bisogno che qualcuno riesca a prendere la Geba di Skukuzy, un fiore
di ghiaccio che si trova nel Lago Ghiacciato del Vulcano Ciaghio, può
sconfiggere la strega ed ha al suo interno anche una pozione curativa per tutti
i mali.»
I due fratelli si guardarono
e decisero in quello stesso momento di partire per il viaggio che avrebbe
potuto curare il loro caro nonnino. Quindi mangiarono qualcosa e fecero una
riposante dormita.
Il giorno dopo salutarono
Lily e partirono di buon ora. Nel loro cammino si ritrovarono a passare sotto
una gigantesca pianta con molti fiori e passarono avanti tranquillamente.
Ormai era sera e stanchi si
diressero verso ad una fioca luce, che risplendeva nell’acqua sporca di un
laghetto che circondava il castello, di un marroncino chiaro, mischiato ad un
verde fogna. Dall’aspetto il castello sembrava vecchio e non abitato e i
ragazzi, dopo alcuni sguardi, decisero di entrare.
Nel castello regnava il
silenzio. Da una piccola porticina scricchiolante e impolverata, si vide uno
stivale, nero come il catrame, che con quei piccoli tacchetti facevano un
rimbombo nell’ingresso della fortezza. La strega indossava un lungo abito nero
con grandi macchie sporche dall’aria trasandata. I suoi capelli erano tutti
arruffati e nascondevano quel viso serio e antipatico. Aveva un ampio naso
adunco con una sottile bocca bianca e due piccoli occhi verdi pallido.
Dafne, la strega, che non
amava gli ospiti, iniziò a formulare un incantesimo. In pochi secondi i
fratelli si ritrovarono in una cella, tutta sporca. Fuori dal vano c’erano
delle mostruose sentinelle, ovvero gli scagnozzi della megera.
La gabbia si trovava in una
stanza. Era tutta vuota, c’era solo un quadro e una finestra che dava su un
giardino. Il quadro aveva una cornice di legno, verde, con incorniciato due
piccole bambine. La perfida befana, gli tenne imprigionati per tutta la notte e
al sorgere del sole e Jhonny si svegliò con un forte rumore. Le due guardie non
si trovavano più davanti alla loro cella, bensì a preparare un falò nel vivaio
nel retro.
Johnny svegliò la sorella
ancora addormentata sulla spalla del fratello e appena aprì gli occhi, vide il
fratello cercare di aprire quella porta di sbarre. Lucy si ricordò di avere una
forcina nei suoi capelli e in poco tempo furono liberi.
La combriccola per fortuna
era distratta e scapparono dal grande portone di legno corpulento. Corsero il
più che potevano, fino ad arrivare alla cima di un grande vulcano.
Era un monte colore grigio
chiaro, all’interno del suo cratere si trovava il Lago Ghiacciato. Le sue acque
custodiscono la Geba di Shkukuzy. Un fiore di ghiaccio che con i suoi petali
salva le vite, fa diventare invisibili e può sconfiggere la malefica strega.
I due guardavano incantati
quel laghetto quando, ad un tratto, quel magico oggetto uscì dal lago e si
illuminò davanti ai loro occhi. Ma improvvisamente sentirono un rimbombo di
passi: erano gli scagnozzi della strega, che li stavano seguendo.
Johnny e Lucy, impauriti,
presero velocemente il fiore luminoso e si misero a correre verso le montagne
viste in lontananza. Sedendosi, scivolarono giù per tutto il vulcano, mentre i
mostri urlavano dietro di loro.
Arrivati alla Catena dell’Inneppa, si ritrovarono in
trappola: un mucchio di mostri li circondava. Ma ecco che accompagnata da un
leggero vento, arrivò Lily. In un batti baleno trasformò i fratellini in due
piccole figure che si catapultarono nella lampada-casa, ritornando nella
Foresta della Fantasia.
Trascorsero la sera e la
notte da Lily, raccontandosi gli ultimi due giorni. La mattina seguente
spezzarono la Geba a metà: metà a Lily per sconfiggere la strega e l’altra metà
a Lucy e Johnny per curare il nonno.
Con una piccola formula
pronunciata dal farfaltopo, si ritrovarono nella soffitta a suonare il
pianoforte, come se non fosse mai accaduto niente.
E finalmente il nonno
guarì.
TALVOLTA
SI PUO’ CAMBIARE…
In una casa
nel nord dell’Isola Minor, c’era una famiglia povera con molti poteri buoni.
Essa era composta da un ragazzo di nome Andrew, la sorella maggiore, la mamma e
il papà. Una sera il cielo divenne scuro e spaventoso e una moltitudine di
tuoni lo rese simile a quello che era disegnato nei libri che stavano nascosti
in soffitta.
Tutti si
spaventarono e le deboli luci dell’abitazione si spensero improvvisamente; per
cercare di proteggersi, si avvicinarono l’uno all’altro.
Dopo pochi
istanti la luce si riaccese e tutti erano appoggiati alla parete sinistra:
quella opposta si distrusse completamente ed entrò Scomparius, il mago più
cattivo di tutti i tempi. Egli sprigionava dalle mani una polvere capace di
trasportare qualsiasi persona di età maggiore ai sedici anni sull’Isola Reale,
luogo in cui le persone divenivano suoi schiavi.
Scomparius
guardò tutti i componenti della famiglia con occhi colmi di cattiveria e
aggressività. Con tono crudele disse loro che se non gli avessero consegnato
tutti i loro poteri, li avrebbe mandati per sempre sull’Isola Reale. Loro si
rifiutarono prontamente e purtroppo tutta la famiglia scomparse dall’Isola
Minor, giungendo improvvisamente nel Regno terribile di Scomparius.
E’
scorretto parlare di “tutta la famiglia”: furono infatti trasportati solo la
mamma, il papà e Lilly, la sorella. Andrew invece era troppo piccolo per
l’effetto della polvere, aveva infatti solo un anno quando avvenne questo
triste fatto.
Il bambino
venne adottato dal nonno.
Un giorno
gli chiese la verità sui suoi genitori.
Il nonno
disse che erano morti, ma Andrew non ci credette e John, avendo capito che era
un ragazzino sveglio e intraprendente, ritenne giusto dirgli la verità.
Il nonno
raccontò che i genitori erano scomparsi a causa delle polveri di Scomparius,
con le quali li rese schiavi nel suo Regno terrificante.
John sapeva
che solo una persona in tutte le Isole Perdute avrebbe potuto arrivare
sull’Isola
Reale grazie a un portale; lo riferì al nipote e lui gli disse deciso che
sarebbe partito quella stessa sera verso questo luogo.
Il nonno
cercò di fermarlo, ma non ci riuscì.
Andrew
preparò una borsa con dell’acqua, tre panini e una mappa che aveva trovato in
soffitta da pochi giorni.
Il nonno
gli disse che se non fosse stato il prescelto per oltrepassare il portale
sarebbe morto subito.
Il ragazzo
lo abbracciò forte e lo salutò; il nonno gli disse di stare molto attento
perché se fosse riuscito ad arrivare sull’ isola avrebbe dovuto affrontare
Scomparius che possedeva poteri incredibili.
Andrew
partì alla volta dell’isola fiducioso e con tanto coraggio. Già sapeva che il
viaggio sarebbe stato lungo e pericoloso, pieno di difficoltà.
La prima
arrivò subito: per raggiungere il bosco opposto si doveva percorrere un lungo
ponte sospeso nella nebbia, traballante e con molte travi mancanti, marce e
rotte.
Andrew si
armò di coraggio, fece un profondo sospiro e si incamminò.
Arrivato a
metà ponte giunse una folata di vento talmente gelido e forte che il bambino
dovette tenersi con tutte le sue forze alla corda che era posta sul passaggio
quasi distrutto. Quando finalmente l’aria cessò, riprese il suo cammino e a
stento raggiunse la fine del ponte. Solo in quel momento si voltò e si accorse
di ciò che era riuscito a compiere; fu soddisfatto e orgoglioso delle sue
capacità.
Ma non era
ancora finita: davanti a lui una fitta foresta di arbusti centenari con
maestosi rami copriva il cielo sopra la testa del ragazzino, che provava
timore.
Un brivido
gli attraversò la schiena, udiva versi di animali come gufi, lupi e scimmie.
Andrew
corse il più veloce possibile, saltando sassi e abbassandosi sotto i rami.
Finalmente
vide la luce, e una radura gli si presentò davanti agli occhi.
Lì, vicino
ad un terribile precipizio, si trovava una panchina dalla quale si poteva
osservare il paesaggio.
E proprio
da lì Andrew vide il portale e oltre ad esso l’Isola Reale.
Si
incamminò cautamente lungo i versanti della montagna e giunse davanti
all’entrata attraverso la quale si notava la realtà che per molto tempo si era
immaginato. Sembrava magica, simile al paese delle fate. Il ragazzino, essendo
preparato, non cadde nell’inganno del finto mondo perfetto; ricordò le parole
del nonno John: se lui non fosse stato il prescelto, sarebbe morto all’istante.
Provò a lanciare oltre il portale un legnetto e questo divenne subito cenere.
Si spaventò tremendamente, ma l’unica possibilità, essendo arrivato fino lì,
era rischiare. Prese quindi la rincorsa e, con il cuore a mille, balzò nel
territorio dell’Isola Reale. Che meraviglia! Era un mondo incantato, proprio
come quello delle fiabe. Si domandò come potesse essere tanto spaventoso un
luogo stupendo come quello, e presto ebbe una risposta a tutti i suoi dubbi.
Improvvisamente
giunse il terribile Scomparius. Andrew tremava, tremava tantissimo. Nella sua
mente passavano come in una televisione tutti i ricordi più belli della sua
vita e lui scoppiò innocentemente a piangere. Nessuno capì mai cosa avesse
scatenato il piccolo nel cuore di pietra ghiacciata del mago: egli si chinò e
si sedette vicino al bambino. Questi gli raccontò la sua storia, la nostalgia
per la sua famiglia,
l’amore per
il nonno e il suo coraggio. Scomparius rimase stupefatto: un essere tanto
piccolo così provato da questioni che solitamente riguardano i grandi?
Beh, quella
di Andrew, rifletteva un po’ la sua storia. Rimasto orfano in tenera età, volle
vendicare il dolore che gli altri gli avevano procurato, scagliandosi contro
chiunque avesse posseduto qualcosa di interessante.
Il mago
cattivo si rispecchiò tanto in quel bambino che decise di smettere di
condannare gli esseri umani a una tale sofferenza. Ecco perché proprio quel
ragazzino era stato scelto per giungere in quel luogo: Scomparius voleva
qualcuno simile al bambino innocente che anche lui un tempo era stato.
Andrew
chiese della sua famiglia e l’altro disse che ormai tutti in quell’Isola erano
morti. Il bambino si sentiva profondamente triste e sconfortato, il mago però
gli fece un piccolo regalo: affermò che era pronto a tornare bambino, per
giocare con lui tutte le volte che ne avesse avuto voglia.
I due
crebbero insieme, aiutandosi sempre a vicenda. Divennero grandi amici e da
vecchi decisero di andare a vivere nello stesso ospizio in riva al mare
meraviglioso nel Nord dell’Isola Minor.
NEVILLE e il regno di ALAMBILL
Era una giornata come le altre. Sveglia alle 7.00, una
colazione veloce e una lunga camminata per andare a scuola . Neville non era un
ragazzo studioso: era poco socievole e passava intere giornate davanti ai
videogiochi. Giocava soprattutto ai giochi di guerra. Aveva i capelli castani e
gli occhi sempre stanchi di colore verde. Era molto magro e molto alto. Un
giorno andò da Rick, al negozio di videogiochi. Era diventata un’abitudine per
Neville: guardava le copertine dei giochi per capire se gli piacevano o no. Ne
trovò uno davvero strano: “ I Tesori di Alambill ”. “Bello!” pensò Neville.
Alla fine lo comprò. Arrivato a casa lo provò subito. Sullo schermo apparve una
mappa. Spostò il joystick sulle “Orus Mountains”. E così fu subito
teletrasportato in un luogo pieno di neve e nebbia. Era freddissimo! Intorno
c’erano molte montagne frastagliate. Era completamente solo. Camminando notò
qualcosa di blu nella neve: erano dei guanti. Li indossò per tenersi caldo. Poi
vide avvicinarsi una cosa, un animale … non sapeva cosa fosse. Ma quando gli fu
abbastanza appresso, Neville capì: era un drago enorme. Aveva delle squame
luccicanti di colore blu chiaro che gli coprivano tutto il corpo, una lunga
coda che terminava con una specie di pungiglione. Iniziò a sputare ghiaccio
ovunque. In quel momento Neville pensò: “Magari avessi qui con me il mio fucile
laser di Star Wars!” E nel preciso istante se lo ritrovò in mano, come per
magia! Incominciò allora a crivellare il drago di raggi laser. Bastò poco e il
drago cadde a terra privo di vita. Improvvisamente le nuvole si
dissolsero; in lontananza si poteva
scorgere una grandissima città protetta da possenti mura di pietra. Il viaggio
per raggiungerla attraversava grandi pianure desolate e poco abitate. Era
finalmente arrivato alla città ma incontrò un problema: le mura erano chiuse da
un grande portone di acciaio dorato. Era sigillato da una grossa catena
d’argento. Neville immaginò di avere in mano un’ ascia e questa comparve. Gli
servì per colpire la catena d’argento. Con una decina di colpi la catena si
spezzò. Neville spalancò il grande portone d’acciaio dorato. Un fiume
circondava la città e c’erano anche dei ponticelli per attraversarlo. La città
era molto affollata e apparentemente molto antica, sembrava medievale. C’era un
grosso mercato e dalla via principale si intravvedeva un immenso campanile di
marmo. Gli abitanti fissavano il ragazzo con molta diffidenza. In effetti era
molto diverso da loro, che vantavano un’altezza tra i due e i tre metri. La
cosa buffa era il loro naso: larghissimo! Erano vestiti come nel medioevo: le
persone più povere con degli stracci ed un cordone alla vita per far si che il
vestito non cadesse. Invece i nobili e i mercanti portavano vestiti
coloratissimi decorati da merletti di pizzo pregiato. Tutto d’un tratto
arrivarono delle guardie: Neville lo capì dall’armatura lucente di colore
rosso, dalle lunghe spade e dai possenti
scudi di acciaio. Quando la gente li vide arrivare, si spostarono tutti ai
margini della strada. Neville era molto confuso, non sapeva cosa fare, e non si spostò. Le guardie gli dissero
qualcosa in una lingua strana e, afferrandolo, lo portarono via. Per la paura,
il ragazzo svenne. Quando si risvegliò si accorse di trovarsi in una fetida
cella. Era probabilmente situata sottoterra. Neville incominciò a urlare
chiedendo aiuto. Improvvisamente una persona gli rispose: “Non serve a niente
gridare. Nessuno verrà a salvarti.” E, da una apertura fra la cella di Neville e quella vicina, apparve
il viso di una persona. “Sai parlare la mia lingua?” gli chiesi. “Sì, anch’io
venivo dal paese degli uomini, ma un giorno venni inspiegabilmente
teletrasportato qui. A quel tempo in questo castello regnava la Regina Buona che però si stava
già indebolendo per colpa di Aron, il re del male. La regina mi parlò di una
profezia e mi disse che solo un umano poteva sconfiggere Aron. Tentai l’impresa
ma fallii. E così fu la fine del regno e la Regina Buona
venne rinchiusa nelle segrete del castello.”
“Ora questo è diventato il castello di Aron?” “Sì e…” si bloccò un momento e spalancò gli
occhi in modo stupito “Come hai fatto a impossessarti di quei guanti. Erano
sperduti da moltissimo tempo. Sono conosciuti per il loro grande potere: ogni
cosa che desideri avere diventa realtà.” E solo allora Neville capì: era solo
grazie ai guanti che era sopravvissuto al drago ed era riuscito ad entrare in
città. Senza aspettare un attimo di più, fece materializzare un’arma così
potente che potesse folgorare ogni nemico o ostacolo. In pochi secondi liberò
tutti dalle celle e insieme uscirono dalla prigione travolgendo le guardie.
Arrivati al portone principale, Neville fece uscire i prigionieri, ma lui
rimase nel castello: promise loro che avrebbe sconfitto una volta per tutte
Aron. Dopo aver controllato tutte le sale del castello, arrivò nella sala del
trono. Era piena di guardie che gli si opposero nel tentativo di
neutralizzarlo, ma con una specie di fulmine
Neville le eliminò. Il re era atterrito nel vederlo. Neville, con tono
minaccioso, gli disse: “Ora farai quello che ti dico sennò ti aspetta una
brutta fine. Ora portami nelle segrete del castello.” Queste si trovavano
sottoterra, scavate nella pietra. Il ragazzo ordinò ad Aron di aprire la cella
della regina, poi la portò fuori dal castello. Appena usciti trovarono una
folla numerosa che li acclamava. Invece il re malvagio venne rinchiuso nella
stessa cella in cui era imprigionata la regina e là rimase per sempre. La sovrana,
molto riconoscente del coraggio di Neville, gli fece esprimere un desiderio.
Neville esclamò: “Il mio unico desiderio è tornare a casa.” Infine lo
salutarono tutti con molto affetto. La regina pronunciò una strana formula
magica, grazie alla quale Neville si
ritrovò sul suo letto davanti alla TV con un joystick in mano. Questa fu
un’esperienza che gli cambiò la vita e gli insegnò a credere di più in se
stesso e nelle sue capacità di risolvere i problemi.
ELOGARF
LA RICERCA DELLA
GUERRA
A Liama Arcon
nel castello Roccasso viveva una ragazza guerriera di nome Zoe che lavorava per
la regina del castello. Era alta e magra, aveva la carnagione scura, i suoi
occhi erano color verde smeraldo e si intonavano perfettamente con i capelli
color nocciola dai riflessi d’orati. Era furtiva come una lince, ribelle,
scontrosa e determinata; solo poche persone conoscevano il suo debole lato
dolce. Lei e i suoi compagni d’armata non avevano nemmeno un giorno di pausa a
causa dei loro nemici del castello Nodran che provavano come loro a ottenere la
leggendaria pianta Elogarf.
Un giorno di
fitto inverno alla corte del castello Roccasso arrivò una strana lettera nera e
rosso sangue che informava le truppe che sarebbero dovute andare a Tomxso
Island per poter aprire il magico campo di forza intorno a Elogarf. Nessuno
sapeva dove si trovava la pianta magica e si narrava che solo chi toccava la
chiave poteva sapere dove si trovava.
Il giorno
seguente le truppe si organizzarono per il faticoso e lungo viaggio che gli
aspettava. Partirono la mattina presto e fu il viaggio pieno di insidie
attraverso i grandi campi di grano che separavano il molo di Arnon dal castello
Roccasso.
Arrivarono
intorno a mezzogiorno, il molo era formato da un lungo pontile di frassino scuro
che dava una sensazione lugubre a causa della fitta nebbia che si era
abbassata.
Presero un
grosso veliero ornato da raffinate decorazioni argentate e dopo qualche ora di
viaggio arrivarono sulla riva dell’ isola. Sembrava di stare in paradiso, la
sabbia fine e color lavanda si incontrava con il mare di colore giada sotto i
nostri stanchi piedi e tutto intorno c’erano piccole casette di paglia da cui
usciva un delizioso profumo di pane caldo. Si diressero verso quella più vicina
e vi entrarono, trovarono delle creature che rimbalzavano da una parte
all’altra e che ogni tanto volavano con delle piccole ali trasparenti. Erano
verde lime con piccole striature di colore magenta, le braccia erano minuscole,
la testa allungata che finiva con un cappellino di legno che in cima aveva una
candela sempre accesa. Sembravano molto ospitali e offrirono loro addirittura
una pagnotta, i soldati accettarono senza dubitare sul fatto che fossero loro a
custodire la magica chiave e dopo aver fatto una passeggiata insieme ai
mostriciattoli si misero a dormire. Zoe però si svegliò prima avvertendo che
stava per accadere qualcosa di terribile, si diresse senza pensare verso una
grotta di roccia nel centro dell’isola e entrano trovò Tomxso in fin di vita.
Quando la vide scoppiò in lacrime supplicandola di prendere la chiave che aveva
al collo prima che lui morisse per colpa dei terribili ingannatori Baumship. La
ragazza fece ciò che le disse e se ne andò per salvare i suoi compagni da
quegli esseri mostruosi che avevano ucciso il vecchio. Riuscì a portarli tutti
sul veliero prima che fosse giorno e i Baumship si potessero svegliare per
ammazzarli tutti. Si diressero immediatamente in cima a Pandacornlandia ma
ovviamente era troppo tardi, erano arrivati i guerrieri del castello Nodran
guidati da Dylan. Era un guerriero malvagio, spietato e orribile che aveva
scelto di farsi aiutare da una strega per aumentargli il potere in cambio della
sua bellezza. Non potevano perdere perché sapevano che Liama Arcon sarebbe
diventata un incubo se loro sarebbero riusciti a prendere la chiave e di
conseguenza l’Elogarf.
Zoe sfoderò
immediatamente il suo arco argentato dal filo di diamante e incoccò una freccia
mortale che quando colpiva il nemico diffondeva immediatamente del veleno
mortale nel corpo e i suoi compagni fecero lo stesso. Estrassero delle asce di
ghiaccio inscalfibile che risucchiava l’anima delle sue vittime con un solo
tocco. Anche Dylan invitò i suoi uomini a fare lo stesso e tutti si trovarono
in mano un martello enorme che nessuno del castello Roccasso aveva visto prima
di allora. Cominciarono lo scontro e scoprirono che le loro armi facevano
provare un dolore così grande da morire contorcendosi. Molti uomini stavano
morendo sia da una parte che dall’ altra quando Zoe e Dylan ordinarono la
ritirata degli altri; alla fine rimasero solo loro. Lo scontro durò ore ma
quando stavano per cedere la guerriera che era nascosta nella ragazza uscì
fuori e senza esitare tirò una freccia per terra ed una successivamente dritta
nel cuore di Dylan. Aveva vinto ed ora l’Elogarf, una potente pianta che dava
il potere dell’immortalità e del volo sarebbe stata per sempre al sicuro anche
lì in cima a Pandacornlandia.
BOULIVER E
IL SUO LUNGO VIAGGIO
Bouliver era un elfo molto vivace. Viveva nella foresta gocciolante in un tronco di quercia.
Aveva più o
meno quarant’anni,indossava dei vestiti magici che cambiavano colore in base a
dove si voleva mimetizzare. Quando era triste diventava azzurro come le sue
lacrime, quando era arrabbiato diventava rosso come il fuoco e quando era
felice diventava di un verde inteso.
Non era
molto alto non superava un metro e era piuttosto cicciotto.
Era un bel
giorno d’estate, Bouliver stava cercando delle bacche nella foresta
gocciolante.
In questa
grande foresta si trovavano altissimi alberi, pini ed enormi querce, le loro
fronde creavano strani giochi di luce, sul terreno con i raggi solari.
Nell’aria
si espandeva l’odore di muschio e di aghi di pino.
Un’aria
magica circondava tutta la foresta.
Questo
posto era abitato da fate, elfi e gnomi.
Una
sorgente di acqua tiepida scendeva da una piccola valle, formando un laghetto a
forma di cuore, circondato da alti fiori colorati.
Le fate
dalle piccole ali si divertivano a saltare di fiore in fiore e gli elfi erano
indaffarati a costruire la loro casa nei tronchi delle grandi querce.
Si era
allontanato un bel po’ da casa quando finalmente trovò un cespuglio pieno di
bacche. Ad un tratto sentì un forte rumore dietro di lui. Quando si girò si
ritrovò davanti il brutto orco Mayo.
Cercò di
scappare ma Mayo senza problemi lo prese e lo mise nel sacco.
Bouliver
non sapeva dove stesse andando e allora si addormentò. Quando si svegliò si
ritrovò in una caverna legato a un sasso.
Bouliver si
agitò, quando sentì dei passi che si avvicinavano sempre di più. All’improvviso
vide l’orco Mayo.
Mayo era
alto 1,90, pelato, muscoloso, si nutriva di elfi e viveva in una caverna sui
Monti Negrabbini.
Bouliver
pensò subito che fosse in una caverna sui Monti Negrabbini…
Questi
monti erano molto particolari, quando pioveva diventavano di un nero pesto e
invece quando c’era il sole diventavano marroni come se fossero dei monti
normali.
Erano fatti
di una roccia friabile e a causa del vento si creano forti frane.
Bouliver
sapeva che Mayo si cibava di elfi e allora cacciò un urlo per cercare aiuto.
Le sue urla
provocarono una frana e Mayo fu travolto da moltissimi massi che lo
trasportarono a valle e lo uccisero.
Bouliver
fece un sospiro di sollievo e senza perdere tempo si liberò da le corde con cui
era legato.
Bouliver
era troppo piccolo e anziano per scendere dalla montagna da solo.
Si sentiva
il fragore della cascata ed a Bouliver venne l’idea di costruire una zattera
per poi usare il fiume per ritornare a valle.
Si stava
facendo notte e allora Bouliver decise di ripararsi nella caverna di Mayo, non
riusciva a dormire e allora decise di iniziare a costruire la zattera.
La notte
passò in fretta ed a un tratto diventò mattina. Bouliver prese coraggio e si
buttò dalla ripida cascata e in pochi secondi si ritrovò a valle sfinito.
Decise di
riposarsi qualche oretta… Quando si svegliò decise di avviarsi verso la città
di Hankoks.
Stava per
entrare nella città quando vide un recinto pieno di suoi simili, allora fu
costretto a ritornare indietro. Non gli rimaneva altra scelta che passare per
il lago Milabianco.
Questo lago
si era formato milioni di anni fa . Esso era di origine vulcanica ed è
alimentato da una falda acquifera situata nel sottosuolo.
Il lago si
estendeva per circa 9km e nel punto più profondo raggiungeva i 40 metri sotto
il livello del mare. Secondo una leggenda sul fondo del lago viveva un enorme
drago marino, il mostro di nome Lunarius.
Dopo un bel
po’ arrivò davanti al lago, ma ormai era notte e allora decise di riposarsi.
Ormai si
era già addormentato quando sentì un forte rumore ed a un tratto si svegliò ed
dal lago uscì un grande drago.
Questo
drago era appunto Lanurius; quando il riflesso della luna piena si specchiava
sull’acqua Launurios si svegliava, saliva in superficie e terrorizzava a morte
le persone che vivevano nelle vicinanze del lago.
Bouliver si
spaventò tantissimo quando si ricordò che in tasca aveva il suo cappello rivela
pensieri.
Il cappello
rivela pensieri era un cappello magico che permetteva a chiunque lo indossava
di prevedere il futuro e le azioni che compieranno le persone prima che lo
facciano. Il cappello era di lana blu e rossa e sulla parte superiore c’era una
lampadina che era l’oggetto che permette di prevedere il futuro.
Grazie a
quel cappello riuscì a prevenire le mosse del drago.
Bouliver
usò le sue ultime forze per correre alla foresta Gocciolante.
All’alba
finalmente arrivò sano e salvo e da lì non si allontanò mai più.
Inserisco qui di seguito tutte le storie che avete scritto, SENZA ALCUNA CORREZIONE: quindi, se trovate errori... diciamo che è tutta farina dei vostri sacchi!
VOTATE tutti le storie secondo la tabella qui allegata e... VINCA IL MIGLIORE!
TITOLO:
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VOTO COMPLESSIVO ALLA STORIA:
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DESCRIZIONE DEI PERSONAGGI:
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DESCRIZIONE DEI LUOGHI:
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CORRETTEZZA ORTOGRAFICA:
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CHIAREZZA DELLA TRAMA:
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ORIGINALITA’ DELLA TRAMA:
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totale punteggio: (TOT. : 10)
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